l’opera


Lois Anvidalfarei riporta nella coscienza della modernità sentimenti formidabili e sensazioni lontane. E lo compie, questo suo percorso, in sintonia con la vita quotidiana che quella parte di mondo lì in alto consente di lasciar scorrere come scorrono le stagioni. L’odore del fieno da trifoglio d’altura, mescolato con le essenze alpine, permea così lentamente i gessi delle sculture e le impregna.
Ma nulla di bucolico andrà a contaminare le opere. La questione è ben più seria. Nulla di agreste. Quello spazio infinito, quelle arie terse portano a ben altra esaltazione. È l’essere umano che si misura con la dimensione della natura e dei cieli. È l’essere umano che si misura con la metafisica del divino. E così facendo rivela la sua propria dimensione, che è fisica e pulsante, viva e sofferta ben più che sofferente.

Philippe Daverio


Anvidalfarei è ai miei occhi uno dei pochi grandi interpreti del corpo umano, che analogamente all’inglese Lucien Freud, scopre in esso l’ intensa corporeità. Nella sua pratica scultorea non è idealista, oppure, se si considera la tradizione del XX secolo, non è nemmeno incline a una forma rigorosa, ma dall’osservazione di ciò che gli sta di fronte, sviluppa invece un senso di grevità materica, nella contemporanea “celebrazione del retto cammino”.

Prof. Peter Weiermair | Direttore della Galleria d’Arte Moderna di Bologna